Pape Diaw è il portavoce della comunità senegalese di Firenze e lancia il suo appello per riscoprire il valore e la dignità del lavoro: “Si lavora per vivere, non per morire. Quando c’è una crisi a pagare sono sempre le fasce meno protette. Noi vogliamo lavorare, ma in sicurezza. I lavoratori di origine straniera vivono una fragilità ancora più grande. A causa di una pessima legge fatta dal governo precedente la loro permanenza qui è proprio legata al lavoro. Sono così facilmente ricattabili”.
Pape Diaw sul lavoro
“Basta muoversi solo quando ci sono le emergenze. Si passa da un’emergenza all’altra. Da una catastrofe all’altra” – denuncia Diaw a Servizio Pubblico – “Purtroppo la prevenzione non fa parte del nostro Dna. Non a casa abbiamo il numero di volontari più alto d’Europa. Sono quarant’anni che dopo un fatto grave apriamo profonde riflessioni. Sui giornali, in tv. E non cambia mai nulla”.
Pape Diaw sull’immigrazione
“Come mai le parole “clandestino” ed “extracomunitario” esistono solo in Italia?” Pape Diaw parte dalla terminologia usata per indicare gli immigrati per criticare la legislazione che regola il fenomeno nel nostro Paese. “Fino a due anni fa coloro che arrivavano con i barconi venivano per cercare lavoro. Ora sono soprattutto richiedenti asilo e rifugiati politici. Quindi non è possibile per le persone che non fanno parte di queste due categorie entrare nel territorio”. Poi si scaglia contro la legge Bossi-Fini: “È la peggior legge che questo Paese abbia mai avuto”.