Nei bilanci delle banche ci sono 650mila mliardi di dollari di derivati, nove volte il Pil mondiale. A Siena è appena esplosa la bomba: trucco o inganno? Il punto nell’editoriale di Gianni Dragoni, giornalista del Sole 24 ore, per Servizio Pubblico, programma di Michele Santoro.
I derivati di Mps
Proprio a gennaio 2013 sul tema Il Sole 24 Ore fa notare che:
Due operazioni su derivati concluse da Mps testimoniano di come l’amore per la finanza possa minare alle fondamenta la banca più antica del mondo. L’istituto cerca infatti di coprire le perdite con operazioni finanziarie sempre più complesse e speculative, per di più mettendo a segno una serie di operazioni disastrose che ha dell’incredibile. Così nel 2005 acquista 400 milioni di euro di bond “Alexandria”, apparentemente sicuri e con buon rendimento. Peccato che fossero uno di quei prodotti “salsiccia” dove sono infilati strumenti finanziari di diverso genere: in particolare si tratta di Cdo, titoli di debito complessi e rischiosi che vengono travolti dalla crisi finanziaria seguente al fallimento di Lehman Brothers.
Cosa sono i derivati e quali rischi si corrono
“Le grandi banche sono tornate a speculare come se gli anni di crisi non avessero insegnato nulla” – spiega Dragoni – “Alla fine del 2011 le banche avevano 630 trilioni di dollari di derivati, ossia 9 volte il Pil di tutto il mondo. Ora il dato è addirittura in crescita, siamo tornati ai livelli pre-crisi del 2008: ecco perché il pericolo che si ripetano casi come quello della Lehman Brothers è alto. I derivati rischiano di essere una bomba capace di far esplodere i bilanci di tutti gli istituti di credito”.