Dopo che Riva Acciaio ha annunciato la chiusura di sette siti produttivi dove lavorano circa 1400 persone, ripercorriamo la vicenda dei padroni dell’Ilva di Taranto. Lo scorso maggio la procura di Milano ha sequestrato all’imprenditore dell’acciaio Emilio Riva e al fratello Adriano un miliardo e duecento milioni di euro. Si ipotizza siano stati portati illegalmente all’estero. Gli inquirenti hanno dovuto ricostruire una complessa architettura societaria e viaggiare fino Jersey, nel mezzo del Canale della Manica. Un paradiso fiscale, l’isola del tesoro. Il punto nell’editoriale di Gianni Dragoni, giornalista del Sole 24 ore, per Servizio Pubblico, programma di Michele Santoro.
I padroni dell’Ilva
Secondo i giudici di Milano questi soldi sono stati sottratti alla capogruppo industriale dei Riva, la Fire. I due fratelli sono ora indagati per truffa allo Stato per frode fiscale e trasferimento fraudolento di valori. I commercialisti che li avrebbero aiutati a fare questo sono invece accusati di riciclaggio. Per la magistratura ci sono state tre vendite fittizie: la prima nel 1995 quando l’Ilva viene privatizzata, l’ultima nel 2003. Come funzionava? Le società italiane dei Riva vendono una società olandese, una lussemburghese e un pacchetto di minoranze dell’Ilva: a comprare sonosocietà straniere domiciliate in paradisi fiscali. Dietro cui c’erano sempre i fratelli Riva.