“Alla Bettencourt nessuno le porta via un soldo. Ma tutti possono portare via il lavoro ai dipendenti della Nokia. Come mai?”, chiede Michele Santoro a Gianluca Vacchi. La risposta dell’imprenditore: “Ho parlato di etica e di extra profitto. Vorrei chiarire che io non sono per la delocalizzazione. L’etica vuol dire fare un profitto giusto e deve essere un risultato di cose fatte bene e non un obiettivo. L’impresa deve essere considerata un bene di imprenditori e lavoratori. Su questo tema non si discute. Se devo dire la verità sono d’accordo con Piketty sulla necessità di ridistribuire o come minimo l’indiscutibile necessità di migliorare la qualità di chi lavora. Però bisogna farlo in un altro modo. Il nostro bilancio non può non contemplare una patrimoniale”.
Gianluca Vacchi e la disuguaglianza
“Penso che la ricchezza nel momento in cui è vissuta in modo etico abbia una funzione importante. La detenzione di un’impresa e quindi del capitale prevede un enorme funzione sociale. Ci sono ricchezze vissute bene e altre meno”, dice Gianluca Vacchi parlando della sua concezione di ricchezza. “Sono d’accordo con Piketty che c’è divario tra reddito da capitale e reddito da lavoro. Questo genera disuguaglianza che sicuramente ha favorito il sorpasso dell’eredità sul valore del lavoro. In altre parole: il passato si sta mangiando il futuro”. La causa del divario? Per Vacchi è la delocalizzazione produttiva.