Ex Ilva, gli ambientalisti: “Di Maio ha mentito sulla riduzione del 20% dell’inquinamento”

Di Maio aveva promesso una riduzione del 20% delle emissioni inquinanti dall'acciaieria di Taranto. I dati Arpa lo smentiscono, denunciano gli ambientalisti

“Di Maio ha mentito”. A settembre 2018, dopo la firma dell’accordo tra il governo e Arcelor Mittal sulla cessione dell’ex Ilva di Taranto, Luigi Di Maio “diceva che erano state installate delle tecnologie che avrebbero tagliato del 20% le emissioni inquinanti dell’acciaieria. Questa informazione – di un inquinamento a decrescere – non trova riscontro nei dati dell’Arpa”.  Dunque Di Maio ha mentito, secondo Alessandro Marescotti presidente di PeaceLink rete ambientalista da sempre in campo contro l’inquinamento dello stabilimento che fu dei Riva. Una dichiarazione falsa, che per una città già messa a dura prova dall’inquinamento dell’acciaieria – e a cui era stata promessa la chiusura e la riconversione proprio dai Cinque Stelle che qui hanno preso circa il 50% dei voti alle politiche 2018 – non è accettabile.

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Ex Ilva, l’allarme degli ambientalisti

Così da diverse settimane a Taranto si è risvegliata la questione ambientale. Alla fiaccolata silenziosa del 25 febbraio per i bambini morti di patologie causate dall’inquinamento, hanno fatto seguito diverse denunce degli ambientalisti sull’aumento delle emissioni dell’ex Ilva, da settembre in mano all’indiana Arcelor Mittal. Marescotti ha elaborato i dati della centralina della cokeria, ovvero un rilevatore Arpa interno alla fabbrica di acciaio dove si produce coke dal carbon fossile. E ha notato come tutti i parametri fossero in aumento nel bimestre gennaio-febbraio 2019, sugli stessi mesi del 2018. Soprattutto gli Ipa, (idrocarburi policiclici aromatici) altamente cancerogeni nonostante non siano normati da nessuna legge relativa alla qualità dell’aria. Secondo la relazione che Arpa ha elaborato per validare i dati di Peacelink, l’incremento di IPA per la cokeria dello stabilimento sono stati a gennaio scorso del 112 per cento sullo stesso mese del 2018 e del 105 per cento a febbraio 2019, paragonato al 2018.

“Del resto – dice Marescotti a Servizio Pubblico –  è naturale: aumentando la produzione, aumenta l’inquinamento, se le tecnologie rimangono le stesse”. Secondo una nota della Fiom Cgil di Taranto  “da 12mila tonnellate giornaliere di Ilva in Amministrazione Straordinaria” si è passati a a 13/14mila tonnellate nella gestione di Mittal“.

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Altro allarme è arrivato da Angelo Bonelli, coordinatore esecutivo Verdi, sulla diossina (+ 916% in un anno), poi confermato da una relazione Arpa. Anche questa “sembra attestarsi su ordini di grandezza tipici degli anni antecedenti al 2012”, pre sequestro Ilva, quando furono abbattiti oltre mille capi di bestiame contaminato dalla diossina.

Taranto, il reportage di Servizio Pubblico

Le telecamere di Servizio Pubblico sono andate a Taranto, dove la rabbia è tanta, figlia di una situazione ambientale disastrosa che ha portato al limite la pazienza dei cittadini tarantini, soprattutto quelli più a ridosso dell’acciaieria. Il quartiere Tamburi è un groviglio ordinato di case popolari dove l’incidenza di tumori è più alta della media regionale. In questo quartiere il sindaco Rinaldo Melucci, sabato 2 marzo ha chiesto la chiusura di due scuole. Troppo vicine alle collinette “ecologiche” erette a metà degli anni ’70 dall’acciaieria (all’epoca era l’Italsider dello Stato) per “proteggere” il quartiere dalla fabbrica, ma sequestrate dalla Procura di Taranto perché piene di materiali di scarto e rifiuti tossici.“Siamo preoccupati per la negazione del diritto alla salute ed allo studio dei nostri bambini, per le condizioni  del nostro quartiere e più in generale della nostra città”, hanno scritto i genitori delle scuole Deledda e De Carolis. Una misura preventiva, quella della chiusura delle scuole, che però ha allarmato le madri del quartiere che sono scese in piazza diverse volte. Arrabbiate per le scuole che chiudono, per le emissioni che aumentano ma anche per la decisione della “Corte Europea di Strasburgo  che ha condannato l’Italia per non aver difeso la salute dei cittadini di Taranto. Uno dei nodi fondamentali è che la popolazione non si può rivolgere neanche alla magistratura perché la gestione Arcelor Mittal – come da contratto con il governo –  gode dell’immunità penale“, spiega Alessandro Marescotti.