Te la do io la tv: cosa succede nei TG Rai da quando comandano i gialloverdi?

Te la do io la tv è la nuova rubrica del professor Riccardo Puglisi sui media, la Rai Tv, i telegiornali e il servizio pubblico

Da quando il Governo del Cambiamento ha messo le mani sulla RAI promettendo, come sempre succede, un’orgia di pluralismo che lévati, cosa sta succedendo ai telegiornali di viale Mazzini?

Se la civiltà di una società si misura dal suo grado di pluralismo, guardare che tipo di Servizio Pubblico offre chi percepisce il canone è un buon metro di valutazione. Non che prima dei gialloverdi ci fosse tutta questa libertà, eh? Anzi: il problema della RAI è che attacca sempre l’asino dove vuole il padrone anche se il padrone cambia anche troppo spesso.

Ma dovremmo tutti impegnarci a segnalare gli esempi più eclatanti della svolta targata Lega-M5S proprio perché dimostra che il Governo del Cambiamento non ha cambiato molto. Anzi. Per questo invito i lettori a segnalarci quello che vedono e che non va secondo loro scrivendo alla redazione di Servizio Pubblico.

Ad esempio parliamo dei servizi firmati da Milena Pagliaro per il Tg2. Il termine “servizio”, di solito, non indica una opinione o un editoriale, ma piuttosto un’esposizione di fatti e circostanze del giorno. Invece all’epoca della querelle tra il governo italiano e Macron il Tg di Gennaro Sangiuliano ha mandato in onda una specie di dichiarazione di guerra alla Francia, con l’equilibrio tipico di chi ha studiato l’aplomb e la terzietà alla grande scuola della BBC. Fondamentalmente all’epoca l’autrice voleva farci sapere che “senza rivendicare Nizza o Savoia, la Gioconda oppure le spoglie di Napoleone, l’Italia chiede rispetto”; per ricordargli chi comanda ecco la testata di Zidane, i calci di rigore, l’apoteosi, la vittoria, il trionfo.

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E cosa comporta tutto questo? L’Agcom ha pubblicato di recente i dati sul pluralismo politico e istituzionale nei Tg Rai: da una parte ci sono i numeri dei partiti politici e dall’altra lo spazio riservato alle istituzioni.

Qualche furbetto governativo è riuscito a leggere e commentare questi dati dimenticandosi che non basta contare i tempi dedicati ai vari partiti, quando per i partiti di governo bisogna sommare i minuti dedicati al governo, cioè presidente del consiglio, ai ministri, viceministri e sottosegretari. Ebbene, i dati relativi al febbraio di quest’anno mostrano un quadro vagamente partigiano: il Tg1 ha dato il 12,77% del tempo totale di antenna a politici grillini, e il 5,59% a politici leghisti: quelli che gridavano al TG1 antigovernativo sventolavano l’8,99% dato a Forza Italia e il 12,02% dato al PD. Peccato che il Tg1 nello stesso periodo abbia dato il 14,97% al premier Conte e il 26,77% agli altri membri del governo. Se la matematica non è un’opinione, il tempo di antenna totale dedicato alla maggioranza di governo è pari a un sontuoso 60,1%, cioè sei minuti su 10.

E il TG2? Nello stesso periodo il tempo di antenna dedicato ai grillini è l’11,25% e il 6,54% per i politici leghisti, a cui si contrappone il 9,98% dedicato a Forza Italia e il 11,51% dedicato al PD. Se si somma il 13,23% dedicato a Conte e il 26.36% dedicato agli esponenti del governo si arriva a un sempre ragguardevole 57,38% dedicato al governo e alla coalizione che lo sostiene.

Il TG3 si comporta in maniera non molto lontana dal TG2: il 16,75% ai grillini e il 6,83% ai leghisti, contro il 7,92% dedicato a Forza Italia e l’11,51% dedicato al PD, mentre a Conte viene dedicato il 10,19% del tempo di antenna e il 22,7% ai membri del governo: dunque un totale del 56,47% del tempo di antenna dedicato a governo e maggioranza.

E cosa succede allo share? I dati dell’Auditel ci dicono che il Tg1 aveva a marzo 2018 il 24,23% di share. A marzo 2019, un anno dopo, lo share scende dello 0,7%, ovvero il 3% di spettatori in meno rispetto a un anno fa. Il Tg2 nel marzo 2018 aveva il 7,82% di share, che è calato in un anno dell’1,13%. Ovvero ha perso il 15% di telespettatori. Il Tg3 invece è sostanzialmente stabile. Qual è il messaggio complessivo? Il messaggio è che i telespettatori decidono di votare con il telecomando allontanandosi da quelli che sono troppo di parte.

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