CORONADELIRIUS “L’astuto virus”

CORONADELIRIUS "L'astuto virus"

Mi arrendo. Prendiamo per buono che si tratti di una guerra. Ma che guerra è quella che stiamo combattendo? Chi trasporta il cibo per noi è sempre al fronte e non ha nemmeno dove fermarsi per pisciare; gli infermieri e i medici si ammalano e muoiono in ospedali che ancora non sono in sicurezza. Rischiano grosso le forze di polizia, i dipendenti dei supermercati mentre i generali della logistica si moltiplicano. Nel frattempo le mascherine “saranno pronte fra qualche giorno”. Produrle è stato complicato quasi come per Hitler trovare la formula della bomba atomica. Delle macchine per respirare non ne parliamo: “Ci stiamo lavorando”. Noi nel frattempo stiamo a casa (“fine pena ignota”), non usciamo e abbiam messo dei sacchi davanti alla finestra. Ma dopo? Dopo non è ancora iniziato. Ci assicurano che “sapremo reagire” e, per quanto duri, “saremo migliori”. Ho sentito le stesse cose dopo il terremoto dell’ottanta; e la grande novità fu la nascita in Campania della Nuova Camorra Organizzata. Le avevo già sentite dopo la crisi petrolifera del settantatré; e abbiamo battuto tutti i record d’inquinamento. Con il crollo dei mercati del 2008 effettivamente nessun lavoro è stato più come prima. È stato peggio. Stavolta “andrà tutto bene”, “stringiamoci a corte” e aspettiamo di respingere l’attacco del virus. Come? Ieri a “Di Martedì” la professoressa Capua ce lo ha descritto quasi simpatico e, comunque, per niente simile a un marine. “È venuto al mondo con una missione -ha detto-, quella di sopravvivere”. Insomma il virus è uno scaltro prodotto della natura che s’infiltra dove le difese sono sguarnite o semplicemente più basse. I bambini lo respingono quasi senza perdite, i giovani sotto i diciott’anni pure, i quarantenni e i cinquantenni con pochissime eccezioni, le donne più degli uomini. Solo l’uno per cento di chi muore non presenta altre gravi patologie. Dunque dobbiamo inseguirlo partendo da questi dati. Il distanziamento sociale non basta se non costruiamo luoghi di cura per i contagiati divisi dagli altri ospedali, se non specializziamo personale medico e infermieri sottraendoli alla cura di malati senza coronavirus, se non studiamo il modo di proteggere in maniera assoluta gli anziani. Ci vorranno tempi troppo lunghi. E sui tempi lunghi siamo tutti morti. Non ci sarà Europa o sfondamento del bilancio che potrà salvarci da una crisi economica epocale. Dunque al dopo dobbiamo pensarci adesso, lentissimamente e gradualmente ma inesorabilmente. Ancora una settimana tutti chiusi in casa? Ancora dieci giorni? Va bene. Ma poi i meno esposti dovranno tornare attivi se non vogliamo che vengano le piaghe da decubito al Paese. Il virus non è un piatto di spaghetti. Non possiamo metterlo a tavola e dire, come Alberto Sordi “me te magno”. Che una lunga guerra di trincea rischia di spezzarci le gambe lo dice anche Trump? Certo. Ma lui non ha capito che ci vogliono risorse, armi selettive e intelligenti contro questo perfido topolino invisibile. In Italia è riuscito a infilarsi perfino nella tasca dello stratega degli strateghi, l’insostituibile Bertolaso. Adesso si è ammalato pure Borrelli, il capo della Protezione Civile. La conferenza stampa ci sarà lo stesso. Mah! Per un giorno avrei fatto a meno delle cifre della sciagura. Magari portava bene. A Borrelli invece mi sono affezionato. Speriamo che sia una normale influenza.

Michele Santoro, 25 marzo 2020