Nino Mandalà: l’intervista esclusiva a Servizio Pubblico

Nino Mandalà

Nino Mandalà parla in esclusiva a Servizio Pubblico: qui la prima parte del colloquio che la giornalista Dina Lauricella ha avuto con l’ex politico di Villabate, condannato in appello per associazione mafiosa e libero per scadenza dei termini di custodia cautelare.

Non c’è solo il fatto che suo figlio ha ammesso di essere mafioso, ci sono diversi collaboratori di giustizia che dicono che lei è mafioso.
“Guardi, i pentiti che mi accusano non li prendo manco in considerazione! Se lei si legge le carte vede che questo pentito, Cusumano, si pente la stessa notte che è stato arrestato. E sa perché? Perché ha una tresca con mia nuora! E questo Cusumano lo sa bene che in quell’ambiente una cosa del genere non gliel’avrebbero fatta passare liscia. L’unica possibilità di salvarsi è saltare il fosso. E fa il suo nome. Aspetti… Nell’interrogatorio gli fanno fare l’organigramma della famiglia mafiosa di Villabate, e lui il mio nome non lo fa! Poi, furbescamente, il pubblico ministero gli chiede esplicitamente dei legami di Nino Mandalà con la mafia e lui dice: “E ’ normale che è mafioso: se è mafioso il figlio è mafioso anche il padre!”. Capisce? Responsabilità tribale! Tale figlio, tale padre!”

Tra i suoi accusatori c’è anche Francesco Campanella.
“C’è un colloquio intercettato dai Carabinieri il 4 aprile 2005. Lui aveva già deciso di collaborare e lo hanno messo alla prova per tendermi una trappola. Mi ha dato un appuntamento alla rotonda di Casteldaccia, vicino Palermo. Lo avevano imbottito di miscrospie. Mi dice: “Nino, tuo figlio Nicola mi ha detto che se gli succedeva qualcosa io dovevo rivolgermi a te per i soldi”.

Suo figlio e Campanella erano soci in un’agenzia di scommesse ippiche e aveva lasciato un mucchio di debiti.
“E’ vero, più di 20 mila euro. Ma quando Campanella mi viene a parlare di soldi io gli dico: “Mascalzone, ti mangio il cuore! Mi hai tenuto all’oscuro su tutto quello che faceva mio figlio e adesso mi vieni a chiedere i soldi!”. Ma la Procura questa conversazione non l’ha messa agli atti!”

Perché secondo i magistrati lei sapeva che Campanella era pieno di microspie e quindi la sua reazione non è attendibile.
“Ma siamo ad aprile e Campanella si sarebbe pentito ufficialmente solo a settembre! Come facevo a saperlo? Eh beh, il cerchio si stava stringendo e lei era molto guardingo! Se ascoltasse l’audio di quella registrazione mi sentirebbe dire: “disgraziato, mascalzone, siete tutti dei bastardi, mi avete nascosto tutto! Io non c’entro nulla con voi!”. Se ero mafioso, Campanella mi poteva dire: “Nino, ma che stai dicendo, insieme abbiamo fatto questo e quest’altro…”. Invece nulla! C’è mancato poco e gli mettevo le mani addosso, perché io sono un po’ manesco quando mi saltano i nervi. E poi a Campanella già gliele avevo date una volta”.

Come mai?
“Mi aveva rubato un cliente, eravamo nel ramo delle assicurazioni”

I pentiti però raccontano che suo figlio diceva in giro: ‘Se mi arrestano mio padre prende il mio posto’

“Nicola può anche averlo detto, questi sono affari suoi. Beh no, sono pure affari suoi se dice una cosa del genere! Ma lui può dire di me o avere progetti su di me, poi bisogna vedere se io sono d’accordo! E poi nelle intercettazioni mio figlio si raccomanda sempre: “Non fate gli sbirri, non dite niente a mio padre, tenetelo all’oscuro di tutto!”. Ma secondo lei questo è l’atteggiamento di un affiliato?”