Il mistero dell’intercettazione ancora sepolta al Viminale

L'intervista all'avvocato Luigi Li Gotti sul caso Moro

Il sospetto comincia a prendere corpo un anno e qualche mese dopo il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro. E’ il 27 dicembre del 1979 quando il Cesis, il Comitato esecutivo per i Servizi di informazione e di sicurezza, manda un appunto alla segreteria speciale del ministro dell’Interno. Il sospetto è “una correlazione tra i responsabili della strage ed elementi legati all’area dell’Autonomia Operaia organizzata”.

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L’appunto degli 007 si basa su una intercettazione ambientale (dell’agosto del 1979) in un carcere di massima sicurezza tra due detenuti, uno dei quali del gruppo dirigente delle Brigate Rosse. I due parlano del sequestro Moro, di come il dirigente della Dc è stato trattato durante la prigionia e degli interrogatori. Ma anche del contesto interno e internazionale. E della preparazione meticolosa dell’agguato di via Fani: “Era da ottobre… i punti di avvistamento intorno… se non c’era il punto di avvistamento era un casino”. Ma tutto è andato bene, commentano i due: “Rispetto l’azione è riuscita in pieno. Se ne è avuta la verifica all’interno della colonna (romana, ndr)”. Ma c’è un altro passaggio che gli 007 non hanno commentato nel loro appunto mandato al ministro, ancora più inquietante. Ed è quando i due detenuti lasciano intendere che in tutta la vicenda Moro c’entrano anche gli americani.

Moro nei suoi interrogatori “dice che non voleva molte basi americane in Italia, che le ha volute Andreotti”, i due parlano di un confronto aspro tra tedeschi e americani. E per Moro “il suo riferimento era l’Europa, fare l’Europa unita, fare l’Europa”. La trascrizione è poco comprensibile, ma a un certo punto gli 007 trascrivono: “…gli americani perché no! Perché (…) sono, l’hanno ammazzato Moro”.

L’intercettazione sul caso Moro ancora nascosta: la storia

Per Luigi Li Gotti, legale di parte civile, il “mistero” di questa intercettazione ambientale è che a distanza di quarant’anni dai fatti, continua a essere custodita al Viminale, senza che nessuno l’abbia ascoltata. Sarebbe importante farlo perché chiama in causa altri protagonisti di via Fani. E svela anche particolari della detenzione dello statista democristiano (“E’ stato trattato come un gran signore”).

In un passaggio della intercettazione ambientale, uno dei due detenuti non ha difficoltà a dire come se parlasse con Moro: “Noi ti rispettiamo, sei un nemico serio, non sei un buffone”. Ma nonostante ciò, Moro è stato condannato a morte: “Però non gli è stato torto un capello, tutto quello che aveva bisogno, si lavava anche quattro volte al giorno, si faceva la doccia, tutto quello di cui aveva bisogno gli è stato dato”. I due detenuti parlano di politica e di schieramenti interni alla Dc: “Moro è il più fine uomo di destra, capisci? La questione è che è il più intelligente, è un uomo politico, un cervello politico e poi il candidato di destra della repubblica”. Insiste l’altro detenuto: “Ah sicché Moro è un uomo di destra!”. Riprende l’altro: “Infatti hanno già cominciato a parlare di Seconda Repubblica. Una legge di sistema elettorale modificata in parte dopo la Repubbica presidenziale”. Ci sono passaggi dell’ambientale incomprensibili. Quarant’anni dopo, le nuove tecnologie potrebbe “filtrare” il nastro, renderlo comprensibile. Servirebbe anche alla Procura generale di Roma che ha riaperto un fascicolo sul sequestro Moro.