L’Occhio digitale di Marco Mele: Scommesse di Stato

Marco Mele torna con la rubrica L’Occhio digitale. Questa volta l’attenzione è sulle scommesse di Stato che si fanno via Internet, da tutto il mondo e sempre più live, ovvero a partita in corso. Perfino al torneo di Viareggio che è stato “sdoganato” dall’Agenzia Dogane e Monopoli attraverso i concessionari autorizzati, nel comunicato del 2015 si precisava: “finora non sono stati riscontrati flussi anomali di scommesse sulle partite del torneo”.

C’è un tempo per tutte le cose. Per esempio per il Torneo di Viareggio che è uno degli appuntamenti del calcio giovanile mondiale, ma con pubblico scarsino sugli spalti. Quest’anno vi ha partecipato la Dinamo di Tiblisi. Un’ondata di scommesse arriva dai paesi dall’Est e dalla Cina: puntano sulla sconfitta dei georgiani e soprattutto sull’over, vale a dire quando si scommette su un numero di goal a partita superiore a due. E sull’handicap, ovvero sul fatto che la squadra favorita debba non solo vincere ma farlo con più gol di scarto per rimontare l’handicap. E che hanno fatto i Georgiani? Hanno perso 5-1 con il Rieti, 7-1 con il Torinio e 4 a 1 con l’Atletico Paranense.  

I Monopoli di Stato sono il dominus dei giochi

Tutto è cominciato nel 2002 quando il governo presieduto da Silvio Berlusconi affidò con un decreto legge all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato la gestione di giochi, scommesse e concorsi sul territorio nazionale.

Da allora scommesse senza confini: a febbraio, dalla costiera romagnola, tra Rimini e Riccione, vengono realizzati oltre 400mila euro di vincite su una partita del campionato greco di serie B. Molti giocatori sono dell’Est europeo, ma anche italiani. Due operatori non pagano le vincite e si rivolgono alla magistratura che apre un’istruttoria nella quale si ipotizza la truffa aggravata.

Quanti sono gli italiani che scommettono e quanto giocano? Secondo l’Eurispes, quattro uomini italiani su dieci spendono denaro per il gioco, con percentuali più alte tra i giovani tra i 18 e i 24 anni. Più di un quarto dei giocatori chiede soldi in prestito per giocare (27,4%).

Il gioco legale, in Italia, raccoglie intorno ai cento miliardi di euro annui. Una parte dei quali va ai vincitori. Più di 20 miliardi vanno per metà allo Stato e per l’altra metà a concessionari e gestori di sale ed esercizi commerciali. Le scommesse da sole , secondo i Monopoli, danno introiti per un miliardo e 300 milioni di euro (dato 2017 con un +43% annuo!). Le giocate in scommesse sportive sono pari a 12,2 miliardi annui, vincite incluse.

Attenzione: si tratta della raccolta relativa solo al gioco legale! Secondo l’Eurispes, nel Sud  vi è un 12% di persone che dichiara di scommettere e giocare da siti illegali. Ancora: una parte delle vincite viene reinvestita nel gioco. Secondo un’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità sarebbero più di cinque milioni gli italiani che giocano “in modo rischioso”: chiamatela ludopatia. Nel 2016, agli Europei di calcio, gli ultimi con l’Italia presente, sono stati giocati 190 milioni di euro. La Regione che gioca di più, pro capite, è l’Abruzzo, la provincia è Prato, Bologna gioca più di Milano e Roma; poi c’è il caso Caresonablat, in provincia di Vercelli: milleecento abitanti con una media di giocate procapite di 28mila euro! Si spiega con una grande sala per giochi e scommesse situata sulla provinciale, dove affluiscono i pendolari del gioco.

Il prelievo fiscale

L’attuale governo ha aumentato il prelievo fiscale sulle giocate dell’ 1.25% e introdotto un divieto di pubblicità delle scommesse, contenente però diverse eccezioni. La pubblicità è vietata sulla tv generalista dalla 7 alle 22 – la Rai l’ha bandita da tutte le sue trasmissioni – ma non vale per le pay tv, per le tv locali e per le radio.  In più, basta che le pubblicità abbiano il logo dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per essere effettuate da uno dei concessionari (tra i quali non mancano diverse multinazionali). Anche sul Torneo giovanile di Viareggio, per tornare a bomba. Del resto, 11 squadre di serie A su 20 hanno come sponsor un’azienda che ha per business le scommesse sportive.

Un’ultima cosa ci preme dire: il gioco è una sorta di tassa all’incontrario. Il 56% dei giocatori ha un reddito medio-basso e il 47% è in condizione di povertà. Per loro non ci sarà nessuna futura flat tax ad eliminare la progressività dell’imposta, in questo caso a favore di chi è più ricco. Qualcuno vincerà, gli altri continueranno a  giocare, vincitori compresi, per finanziare lo Stato de impoverire la propria famiglia. Il reddito di cittadinanza, del resto, sarà finanziato anche dal gioco, con un miliardo e mezzo l’anno per tre anni: lo Stato con una mano dà, e però con l’altra ha già tolto parecchio.