La Lega di Salvini nel Lazio, fra clan rom e Casapound

Metamorfosi lega
Metamorfosi lega

Ma come? Aizzano il “popolino” delle periferie romane arrivando a suggerire di cacciare gli immigrati, i Rom, gli zingari e poi ci fanno affari insieme?
Addirittura si servono dei clan mafiosi dei Rom della provincia di Latina per le campagne elettorali, e poi strizzano l’occhio a CasaPound e Forza Nuova che, per dirla con il sindaco di Roma Virginia Raggi, fomentano l’odio razziale?

Questa storia di Matteo Salvini sterminatore dei criminali, degli zingari e degli immigrati grida giustizia. Perché pur di prendere voti dove li aveva visti solo con il cannocchiale ha imbarcato gli impresentabili. Anche a Roma, la capitale. E questo è il segno dei tempi.

Offende l’atteggiamento della Lega nei confronti di Roma che fu ladrona. Alle ultime politiche di un anno fa, la Lega nel Lazio ha preso nella prima Circoscrizione l’11,84%, il 16,52% nella seconda. Superando Forza Italia (ma non i Cinque Stelle e il Pd).

Leggi anche: Fontana, il ministro venuto dal nulla nella Verona degli ultras

 

Le cronache cittadine hanno raccontato nei giorni scorsi di un possibile commissariamento della Lega del Lazio (il prescelto dovrebbe essere il deputato bergamasco Daniele Belotti). Nei fatti, verrebbe esautorato il coordinatore regionale Francesco Zicchieri, deputato della provincia di Latina.

Ecco, in quella che fu “Littoria”, il sospetto di chi è molto attento alle cronache giudiziarie è che la decisione del segretario della Lega Matteo Salvini di fare pulizie nel partito forse è stata suggerita da Matteo Salvini ministro dell’Interno. Ora, non che Salvini sia una moderna Cassandra ma il ministro deve aver intuito che potrebbero arrivare sorprese giudiziarie che potrebbero colpire alcuni suoi uomini. E dunque il Salvini segretario vuole correre ai ripari.

Ma aspettiamo i tempi della giustizia, gli stessi che hanno portato un anno fa a una bella retata di un clan di zingari mafiosi dediti al traffico di droga, alle estorsioni e all’usura. Si tratta del clan nomade Di Silvio. Che garantiva anche una manovalanza per i candidati che avevano bisogno di vedere i loro manifesti elettorali campeggiare sui muri delle città e dei paesi, e l’acquisto di pacchetti di voti pagati 30 euro l’uno.

«Il clan d’origine Rom- spiegavano gli investigatori nella loro informativa –  ha affermato nel tempo il prestigio criminale nei settori dell’usura, dell’estorsione, della detenzione d’armi e del traffico di  stupefacenti».

Ora, in quelle carte giudiziarie, anche se non furono contestati precisi reati nei loro confronti, vengono fatti i nomi di quelli che sarebbero diventati successivamente parlamentari o dirigenti della Lega del Lazio.

Leggi anche: Se i potentati del petrolio in Basilicata hanno scelto la Lega

 

Ne parlano nelle intercettazioni ambientali alcuni componenti del clan, lo confermano a verbale alcuni elettori costretti a votare certi candidati come l’attuale capogruppo Lega alla Regione Lazio, Angelo Tripodi.

In quelle carte non solo c’erano le intercettazioni ambientali e telefoniche o le informative sui controlli casuali della stradale che rinvenivano nelle auto di associati al clan Di Silvio i manifesti elettorali. C’erano anche le dichiarazioni di un pentito del clan, Renato Pugliese.

La novità di Piazzale Clodio (la Procura distrettuale antimafia di Roma è titolare della inchiesta anche se riguarda Latina) è che in questi mesi è arrivato un altro pentito, più importante del primo, Agostino Riccardo. E assicurano a Latina che gli sviluppi giudiziari di questa nuova collaborazione saranno clamorosi. Non solo per le vicende elettorali ma anche per gli affari in provincia di Latina.

Bisogna sapere aspettare, anche se la Lega nei fatti ha già spedito l’avviso di sfratto al coordinatore regionale Francesco Zicchieri. Ma tra i “sospettati” c’è anche il capogruppo al Consiglio Regionale del Lazio, Angelo Tripodi.

C’è un “elettore” che lo chiama in causa e il pentito Renato Pugliese che conferma: «Alessandro Montefusco nel verbale di sommarie informazioni del 14 giugno del 2016 – si legge nella informativa degli investigatori – dichiarava che Ismail El Ghayesh e Gianfranco Mastracci (due indagati, ndr) lo avevano costretto a votare per Tripodi quale candidato sindaco di Latina e per Roberto Bergamo quale candidato consigliere comunale in occasione delle elezioni comunali del giugno del 2016».

E proprio il pentito Riccardo potrebbe aver chiarito è arricchito la compromissione nei rapporti con il clan di diversi esponenti politici.

In un reportage, una giornalista attenta e ben informata, Graziella Di Mambro, svela che anche quando era sindaco di Latina Vincenzo Zaccheo, un passato fascista, i “camerati” pontini non disdegnavano intese con il clan mafioso degli zingari Ciarelli, elargendo certificati di pensioni di invalidità ai familiari del clan. E gli stessi affiliati al clan Di Silvio, quello sotto osservazione oggi, occupavano case popolari andandoci a vivere.

E poi, a società riconducibili ai clan degli zingari venivano dati in gestione impianti sportivi. Scandalosa la vicenda del campo di calcio “Boario” che il clan Di Silvio aveva trasformato in pascolo per i suoi cavalli.

Elezioni comunali, regionali, politici. L’informativa degli investigatori si sofferma su un rapporto del commissariato di Polizia di Terracina che rivela che il 4 giugno del 2016 durante un controllo furono trovati in una Citroen Picasso Xsara «numerosi manifesti riguardanti i candidati (per Latina Calandrini-Lungo Elsa lista “cuoritaliani” e lista Salvini candidato Zicchieri)». Nell’auto c’erano l’indagato Agostino Riccardo e altri due pregiudicati locali. Riccardo è l’ultimo pentito le cui dichiarazioni potrebbero “terremotare” la Lega pontina e laziale.

In un’altra inchiesta sulla corruzione, un imprenditore dei rifiuti, Raffaele Del Prete (siamo nel 2017) finito nei guai, disse al telefono di aver sponsorizzato la Lega, facendo eleggere Zicchieri al consiglio comunale di Terracina.