“Corrispondenza” di Bobo Craxi: perché la sinistra non sa fare i conti con il M5S

Corrispondenza di Bobo Craxi

Per affrontare non un rovescio elettorale ma il cambio di stagione della politica in occidente la Sinistra progressista, riformista, liberale dovrebbe avviare non una semplice riflessione ma avviare una umile ricerca che porti ad una comprensione delle cose senza “piangere , né ridere” come diceva Spinoza ma appunto “comprendere”

Se il compito  della socialdemocrazia classica continua a essere quello di “combattere la miseria e non la ricchezza”, per dirla con Olof Palme, è nella capacità di interpretare questo bisogno rilevante di giustizia sociale intesa come giustizia distributiva che è venuta meno la capacità delle sinistra in Europa di essere e rappresentare tutti coloro che, a diverso titolo, si sono sentiti in dovere anzi in “ diritto di avere diritti” come spiegava magistralmente Stefano Rodotà.

Per questo alla fine è sorto qualche cosa d’altro che, in ragione di questa, ha saputo convincere e reinterpretare i dilemmi classici della sinistra a cui essa non ha saputo dare una risposta convincente.

Si può che affermare che il populismo italico ha sempre covato sotto la cenere, e che la lunga transizione del dopoguerra ha solo fatto inabissare un sentimento che nella storia del Paese è sempre stato presente, ma un’analisi ed un’affermazione di comodo non esime dalla responsabilità di cercare di capire e, appunto comprendere.

Più che analizzare il carattere caricaturale, naïf, inconcludente e smargiasso della classe dirigente dei Cinquestelle che da quasi un anno sta al potere, più che verbalizzare il repentino passaggio dalla piazza grillina che doveva sotterrare tutti con una risata alla grisaglia del giovane Vice Premier, sarebbe necessario concentrarsi sull’agenda che in modo confuso ma determinato essi hanno offerto ad un Paese tramortito da una lunghissima transizione post-Prima Repubblica dalla quale non siamo ancora usciti.

È sbagliato insistere etichettando la traiettoria del Movimento in cui, a seconda delle fasi, sussisterebbero degli “elementi di sinistra”, una vecchia ed antica prassi, quasi terzinternazionalista, quasi come se  l’allegra brigata messa in piedi da Beppe Grillo fosse un redivivo “ennemi à gauche” da deglutinare ed assorbire dall’inarrivabile centralità del Partito della Sinistra, che cambia le forme ma non la sostanza;
L’Agenda che il Movimento ha scritto non è di sinistra, ma neanche di destra, in questo hanno ragione, ma ha una chiave universale ininterpretabile con le categorie che abbiamo appreso nelle nostre scuole politiche; però sappiamo che in quell’agenda, alla rinfusa, temi e problemi, sono apparsi in certi casi come nuovi e meritevoli di esser presi sul serio.

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Non parlo naturalmente di scie chimiche, di strade da bloccare, di prescrizioni da abrogare, ma dell’insopprimibile desiderio di partecipazione alla vita pubblica che dia un senso alle istituzioni, all’inquietudine di vivere la società della differenze e del disagio per il quale anche una misura confusa, non so fino a che punto efficiente, sottolinea e apre gli occhi a tutti su una realtà che non emergeva dalle gazzette ufficiali e dalle televisioni : l’Italia è tornata “povera come sempre” come canta Francesco De Gregori, ha delle sacche impressionanti di iniquità e questa non è stata una “fake news” prodotta dall’infernale macchina dell’agenzia di consenso messa in piedi da quel diavolo di Casaleggio, ma è stata la condizione sufficiente e necessaria per trasformare un grande grido di dolore o di rabbia in una azione politica dirompente. Quel salario minimo garantito che sta in cima ai manifesti di ogni Partito Socialista e progressista del Mondo.

Le istituzioni erano vecchie anche negli anni Ottanta, noi socialisti ce ne accorgemmo per primi, inascoltati, la democrazia deliberativa per via referendaria cambiò una volta per tutte l’impronta culturale del nostro Paese, ed ha un’altrettanto dirompenza riformista interrogarsi sulla necessità di moltiplicare le occasioni di democrazia deliberativa non perché “nel futuro dei parlamenti se ne dovrà fare a meno” come sen è sfuggito a Davide Casaleggio ma per rafforzare quell’evoluzione dei diritti in una prospettiva nella quale la “cittadinanza digitale” per la quale l’aumento di ricerca e di protezione dei dati, ma di determinata innovazione conterrà una nuova frontiera di progresso ed anche di riqualificazione della democrazia in un tempo moderno.

Ecco perché più che alambiccarsi sulla politica delle alleanze e ripetere nuove performance in streaming, rinnovare polverosi e stantii “contratti di governo” (più che Rousseau mi hanno fatto pensare ai preamboli democristiani..) è necessario prendere sul serio alcune questioni, trasferirle nella agenda di una nuova sinistra e non guardare dall’alto in basso questa stravaganza italiana del neo-movimento passato dalla piazza al Governo. Sbaglierà il Movimento Cinquestelle e gli elettori lo puniranno, non c’è dubbio; ma ad una nuova generazione di politici che vogliono praticare e scrivere un’agenda di sinistra moderna, riformista, progressista, liberale questi alieni venuti dal nulla hanno offerto certamente dei nuovi criteri con cui necessariamente confrontarsi.