Mps: cosa è (e dove nasce) il più grande scandalo bancario italiano

I pm di Milano hanno chiesto la condanna degli ex vertici di Mps Giuseppe Mussari, Antonio Vigni e Gianluca Baldassarri nel processo relativo alle operazioni Santorini e Alexandria, Fresh e Chianti Classico. Per Mussari e Baldassarri, rispettivamente ex presidente ed ex amministratore delegato, sono state chieste pene di 8 anni e multe per 4 milioni, mentre per l’ex direttore dell’area finanziaria Baldassarri i pm hanno chiesto una pena di 6 anni e una multa di 1.5 milioni di euro. L’accusa ha chiesto anche la condanna e la confisca per la cifra record di oltre 400 milioni a testa per gli istituti Nomura e Deutsche Bank AG, controparti di Mps nell’operazione contestata.

Il processo è imperniato sulle operazioni in derivati denominate Alexandria, Santorini e Fresh 2008 e le operazioni immobiliari “Chianti classico”: secondo l’accusa le operazioni hanno permesso di occultare 2 miliardi di euro di “buco” nei bilanci di Rocca Salimbeni, nato dall’acquisto di Antonveneta da Santander per una cifra complessiva di 9,3 miliardi di euro.

ALEXANDRIA E SANTORINI: DERIVATI O TITOLI DI STATO?

Le operazioni erano venute a galla a un anno dall’insediamento di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, i “risanatori” voluti dall’azionista che all’epoca controllava ancora la banca, la Fondazione Mps, espressione dei poteri locali: il Comune di Siena, la Provincia e la Regione, dove governa il Pd, e poi l’Università e l’Arcidiocesi.
Delle operazioni contestate non c’era traccia nei bilanci precedenti: la banca sosteneva che si trattasse di operazioni per l’acquisto di 5 miliardi di BTP, cioè titoli di Stato che venivano considerati patrimonio della banca.
I due prodotti finanziari, stando alla ricostruzione compiuta dalla Procura di Siena nell’inchiesta madre su Mps poi trasmessa a Milano, erano invece stati usati dai vecchi vertici di Rocca Salimbeni per mascherare a bilancio la crisi di liquidità a seguito dell’esborso di 9 miliardi per l’acquisto di banca Antonveneta da Santander, e di altri successivi 8 miliardi per coprire i debiti che l’istituto aveva in pancia. Per Viola e Profumo e Viola era stata chiesta l’imputazione coatta con l’accusa di non aver contabilizzato correttamente i derivati nei bilanci 2012-2015, conteggiandoli a “saldi aperti” e in sostanza rimandando agli anni successivi il conteggio sull’effettivo valore delle operazioni.
Nel luglio 2018 il giudice Alessandra del Corvo aveva poi disposto l’archiviazione dei ex vertici di Rocca Salimbeni, perché l’accusa di ostacolo alla vigilanza di Consob e Bankitalia era “priva di fondamento”.

Vi riproponiamo l’inchiesta tratta dalla puntata di M dal titolo “Bancarotta” che ricostruisce le origini e gli sviluppi di quella che è considerata unanimemente come la madre di tutti gli scandali che hanno travolto a partire dal 2008 il settore bancario italiano.