Belpietro alla ricerca dell’Unità perduta

Arrivederci, l'editoriale di Michele Santoro

Maurizio Belpietro ha una notevole predisposizione alla fiction ma, per qualche misteriosa ragione, le trame che lo vedono involontario protagonista difficilmente diventano un film. Restano sogni, come il viaggio di G. Mastorna, detto Fernet, di Fellini. Belpietro rimane tuttavia un ottimo attore penalizzato da autori e produttori maldestri come ne “l’Attentato”, lo straordinario progetto cinematografico scritto a sua insaputa e rimasto incompiuto. Un gruppo di terroristi federati delle BR dell’IRA e dell’ISIS cercava di accopparlo a casa sua e veniva messo in fuga dagli eroici poliziotti tra un crepitare di spari. Un action perfetto per utilizzare al meglio il profilo di un martire della libertà. Purtroppo non andò in porto perché si cercarono a lungo, e non si trovarono, attori all’altezza per la parte dei cattivi.

Oggi ci riprovano a scritturarlo come difensore della libertà di stampa imprenditori milanesi, il gruppo Pessina Costruzioni, ottimi amici, forse in epoche diverse forse allo stesso tempo presente, di Renzi e di Salvini, che da anni tengono in ostaggio l’Unità impedendole di tornare in edicola e stampandone un numero all’anno solo per non perdere la proprietà della testata e del marchio.

Un corto all’anno. Normalmente usano nella parte del direttore responsabile un loro addetto alle pubbliche relazioni. Invece questa volta, dopo un precedente tentativo di ingaggiare Lele Mora come protagonista, hanno deciso di ripiegare su un attore meno brillante ma dal sicuro talento drammatico. Il nostro Maurizio Belpietro, appunto. La trama è sorprendente: come Gramsci Maurizio rischierà di morire in prigione per combattere i fascisti, la censura e riportare il giornale in edicola. Grazie a lui, che liberale modestamente lo nacque, giornalisti ex comunisti torneranno al lavoro marciando sulla strada della redenzione e della Verità.

Un film, che a onor del vero, dovrebbe avere la durata di Ben Hur; se non che i suoi aspiranti produttori (o editori per un giorno) o comunque sceneggiatori di quest’altro corto provvisorio, i soldi per la pellicola li hanno già consumati per il “BelMatteo” (Renzi) che, però, non ha incassato un euro al botteghino.

Di sicuro il “Belpietro alla ricerca dell’Unità perduta” incasserà più di Checco Zalone ma prima o i Pessina o Belpietro o le preghiere dell’adorante Salvini dovranno far il miracolo di mettere insieme il budget. Inizialmente, per finanziarsi, pensavano di procedere con un filmetto comico a basso costo e un artista minore, Luca Telese, comunista sovranista paraculista, che cerca di vendere l’Unità ai turisti di sinistra, proprio come Totò e Nino Taranto con la fontana di Trevi. Ma c’è un problema: Telese come Belpietro fa più piangere che ridere.

Dunque meglio un b-movie horror: Belpietro che si getta nelle fiamme e compie mille peripezie per strappare ai mostri della censura le ultime giornaliste e gli ultimi giornalisti del quotidiano che fu del PCI. Profondo Rosso. Le vecchie compagne e i vecchi compagni nostalgici accorreranno al cinema, strilleranno, si copriranno gli occhi per non guardare e l’esplosione dei sentimenti nasconderà i trucchi da quattro soldi, tipo le facce terribili realizzate mettendo le trippe attorno agli obiettivi delle telecamere. Ma forse perfino il piccolo film, possibile preludio al Kolossal “Belpietro alla ricerca de l’Unità perduta”, non si farà. E non perché Belpietro non sia Harrison Ford e nemmeno Totò ma perché nessuno ha tirato fuori i soldi per comprare la trippa. Non c’è più trippa per il PD, dopo Renzi e i giochi di prestigio con i Pessina, e non c’è trippa per i Pessina coi giochi di prestigio di Belpietro e Salvini.

I gatti spariranno e dilagheranno le zoccole.