A Roma gli studenti manifestano per una scuola “più equa”, ma il ministro non li riceve

di Giunio Panarelli

Contro la “scuola del merito”. Contro l’alternanza scuola lavoro. Contro la guerra. Gli studenti medi e universitari sono scesi oggi nelle piazze di tutta Italia. A Roma i manifestanti sono centinaia. “Dovevamo essere molti di più, ma la pioggia ci ha messo in difficoltà”, spiegano i rappresentanti delle varie sigle studentesche. Il meteo non impedisce comunque al corteo di partire. Sotto gli ombrelloni gli studenti gridano slogan contro la politica che non li ascolta più. Contro la “scuola del merito”. Contro l’alternanza scuola lavoro. Contro la guerra. Gli studenti medi e universitari sono scesi oggi nelle piazze di tutta Italia. A Roma i manifestanti sono centinaia. “Dovevamo essere molti di più, ma la pioggia ci ha messo in difficoltà”, spiegano i rappresentanti delle varie sigle studentesche. Il meteo non impedisce comunque al corteo di partire. Sotto gli ombrelloni gli studenti gridano cori contro la politica che non li ascolta più. “Il nostro slogan è ‘ora decidiamo noi’. Siamo stanchi di essere ignorati. Vogliamo un sistema inclusivo”, dice Virginia Mancarella, coordinatrice dell’organizzazione universitaria Link.

“Alcuni giornali l’hanno chiamata ‘No Meloni Day’, ma non siamo qui solo contro il governo attuale. Anche quelli di prima hanno continuato a puntare su una scuola classista e capitalista”, spiega Guido dietro il suo striscione che riporta: “Contro il governo Meloni e la scuola del merito”. È proprio questa storia del “merito” che infiamma la piazza. “Il merito non tiene conto delle differenze sociali. Ci sono chiaramente studenti più bravi di altri. Ma non tutti abbiamo le stesse possibilità e il ruolo della scuola dovrebbe essere darcele”, spiega uno studente lì vicino. “Questa è una scuola gabbia”, tuona Tommaso dell’associazione studentesca Osa. Per lui “la scuola ha smesso di essere un ascensore sociali e noi studenti siamo stati abbandonati. Anche da quei partiti e sindacati che dovevano difenderci”. Non a caso tra i cori ce n’è anche per il Pd: “Il Pd non viene più. Sta con Confindustria. Anzi no, organizza i caschi blu”. 

E nel mirino c’è anche l’alternanza scuola di renziana memoria. “Basta stragi”, recitano i cartelli di un gruppo di manifestanti. “È un sistema che non funziona. Che ci sfrutta. E che ha già fatto perdere la vita a troppi di noi”, dicono.  A unire gli studenti è anche la voglia di pace. “Servono più aule, non più bombe”, urla il corteo. Sul tema della guerra in Ucraina non tutti i movimenti sono dello stesso parere. Alla manifestazione di ottobre c’erano stati momenti di tensione per la decisione di alcune sigle di bruciare le bandiere di Nato e Russia. Questa volta le bandiere non bruciano. Ma c’è qualche spintone che, però, rientra subito.

D’altronde il vero obiettivo della manifestazione è il ministero dell’Istruzione. Arrivati davanti alla sede, una delegazione chiede un incontro al ministro Giuseppe Valditara. “Vogliamo presentare le nostre proposte”, spiegano. Ma lui declina e propone invece agli studenti di mettersi al tavolo col suo vicecapo di gabinetto. Proposta respinta. “Vogliamo che ascolti la nostra voce. Non può dire di volersi confrontare e poi non presentarsi”, spiega Bianca Chiesa, coordinatrice dell’Unione degli studenti. E così i manifestanti restano fuori a ragionare. Tre ragazzi discutono tra loro sui massimi sistemi. “Non so se è davvero possibile cambiare questo modello economico”, dice uno di loro. “Ma sei impazzito? Dobbiamo! Ci sta portando alla povertà e all’estinzione!”, risponde l’altro. L’ultima parola sta al terzo: “Io credo che gli adulti si uniranno a noi solo quando capiranno i veri effetti delle loro scelte. Speriamo non sia troppo tardi”.