Destra, sinistra, Monti. A Servizio Pubblico Giulia Innocenzi chiede a Gianfranco Fini come può andare avanti il concetto di destra in una alleanza con chi la sminuisce concettualmente. Ha ancora senso parlarne?
Fini su destra e sinistra
“Se destra e sinistra sono delle etichette, delle gabbie ereditate dal secolo scorso, rendono impossibile un confronto. Chi conosce l’Europa sa che ci sono le grandi famiglie politiche, i laburisti e i popolari: si dividono spesso sui programmi ma condividono dei valori di riferimento. In Italia questa dicotomia è stata fin qui incapace di trovare dei momenti unificanti, come scrivere insieme le riforme della seconda parte della Costituzione. Monti rappresenta l’idea che si possa andare leggermente oltre l’etichetta” spiega Fini.
Il curriculum di Fini
Sulla sua storia politica l’ex leader di An parla chiaro: “Non dirò mai che tutto quello che ho fatto è stato giusto. Credevo nel bipolarismo. Credevo che un grande partito di centrodestra potesse rendere la nostra democrazia una democrazia dell’alternanza di stampo europeo. Però Berlusconi si è sentito subito il padrone del Pdl: crede che governare e comandare siano due sinonimi. L’errore più grande è stato quello di averlo messo nella condizione di fare il padrone. La Bossi-Fini? Non la rinnego. Cambierei solo il limite dei sei mesi per cercare un nuovo lavoro. E aggiungerei la tutela per chi ha messo su famiglia”.
Fini sugli impresentabili
Circa la giustizia e le liste pulite, sempre a Servizio Pubblico, Fini dice la sua: “Candidare persone con guai giudiziari genera disgusto nelle persone. Sul tema della legalità si è consumata la rottura tra me e Berlusconi. La legalità non è una bandierina ma un abito da indossare tutti i giorni”.