Il M5S salva Salvini. De Falco: “Grillo diceva: ogni volta che deroghi a una regola la cancelli”

L'intervista con il senatore ex M5S e membro della giunta

La giunta per le immunità del Senato ha respinto la richiesta di autorizzazione a procedere del tribunale di Catania contro il ministro Matteo Salvini per il caso della nave Diciotti. Tutti i senatori pentastellati in giunta hanno votato No, secondo le indicazioni espresse ieri da i militanti sulla piattaforma Rousseau, così come la Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e le autonomie. I voti favorevoli sono arrivati dai 4 componenti del Partito Democratico, a cui si aggiungono Pietro Grasso (LeU) e Gregorio De Falco, (Misto, ex M5S). Toccherà a Palazzo Madama ratificare la proposta votata oggi entro il 24 marzo.

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De Falco: il Movimento ha votato contro i suoi principi?

Gregorio De Falco, senatore espulso lo scorso dicembre dal Movimento 5 Stelle e membro della giunta per le immunità, commenta il voto sulla piattaforma Rousseau che ha “salvato” Matteo Salvini dal processo per il caso Diciotti. “A salvare il Ministro dell’Interno non è stato il 60% dei militanti 5 stelle, ma il 60% della metà degli aventi diritto di voto, appena il 30% del totale” spiega De Falco, che sottolinea poi il carattere “orientativo e indicativo” della consultazione, che non darebbe quindi il via libera ai parlamentari pentastellati per “votare contro il loro stesso programma”.

Voto sul caso Diciotti

Nonostante queste obiezioni la partita nella Giunta per le immunità del Senato sembra ormai essersi politicamente chiusa: “La proposta Gasparri presentata in giunta” risponde De Falco “dice che non si può valutare il mezzo attraverso il quale si raggiunge un fine, poiché il ministro si è rappresentato che quello potesse essere un interesse da tutelarsi. È una cosa abnorme”. Poi la chiosa: “Diceva Andreotti che le regole si applicano per i nemici e s’interpretano per gli amici . Diceva un altro, invece, che ogni volta che si deroga a una regola la si sta cancellando. Questo ‘altro’ era Beppe Grillo.