Emanuele: “Mi sento un numero, ogni corsa ho paura di morire. La paga del rider è proporzionale al rischio di incidenti”

Il primo maggio dei riders, “i fattorini del cibo” è di lotta e di protesta. “Siamo qui per informare sulla nostra condizione”, dice Antonello  Badessi, di Rider Union Roma mentre fa volantinaggio tra i ragazzi del concertone di San Giovanni. “Siete considerati di serie B”, chiede una ragazza. “Si, nonostante il nostro è un lavoro di cui ormai non si può fare a meno”.
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“Noi siamo meno dei precari, siamo configurati in un contratto che ci vede imprenditori sopra i 5mila euro, ma è un paradosso perché siamo dei semplici fattorini del cibo”, dice Emanuela, fattorino dal 2016 laureato da due settimane. “Siamo dei lavoratori di fatto subordinati: siamo alle direttive di un’azienda, dobbiamo accettare gli ordini altrimenti veniamo penalizzati, ma non abbiamo le stesse tutele dei lavoratori dipendenti”.

Mi sento un numero, a ottobre quando c’è stata l’allerta meteo a Roma, con alberi caduti e strade allagate, l’azienda ci ha incentivato con un euro a corsa in più, al posto di consigliarsi di stare a casa per i pericoli che avremmo corso. Non siamo considerati esseri umani, ma numeri che devono produrre”.

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