L’occasione perduta. Il governo lascia tutti i dubbi sul dossier

di Guido Ruotolo

Aveva convocato la conferenza stampa per il «perdurare di una campagna diffamatoria circa una presunta attività di dossieraggio». Alla fine dell’incontro con i giornalisti e dopo aver letto il report “declassificato” (”Hybrid Bulletin”), il sottosegretario con delega ai Servizi, Franco Gabrielli, non ha diradato quelle nubi che avvolgono Palazzo Chigi e i palazzi dell’intelligence coinvolti nel “pasticciaccio” di via Solferino, la pubblicazione sul Corriere della Sera di un articolo sull’esistenza di una “rete” di putiniani in Italia sotto osservazione dell’intelligence.

Gabrielli ha innanzitutto negato l’esistenza di una lista di persone «che per il solo fatto di aver espresso opinioni difformi, sono stati oggetto di chissà quali investigazioni». Insomma, l’ex capo della Polizia, dell’Aisi (Servizio segreto interno) e oggi sottosegretario del governo Draghi, nega la sostanza dell’articolo del Corriere, salvo poi riconoscere che siamo di fronte a una gravissima fuga di notizie. «Il report è arrivato nelle mani dei giornalisti non perché è sceso dal cielo. C’è stata qualche mano solerte. Un documento classificato doveva rimanere nell’ambito dei soggetti istituzionali interessati. La fuga di notizie ha creato un grande discredito. Nulla rimarrà impunito».

Il sottosegretario Gabrielli ha anche ammesso che due nominativi riportati nella lista del Corriere della Sera sono presenti nel report trasmesso il 3 giugno al Copasir. Che è «solo attività di ricognizione di fonti aperte, nulla a che vedere con l’attività di intelligence, di penetrazione informativa». E ancora: «Nessun nominativo pubblicato nel bollettino o dal Corriere è al centro di attività di investigazione. Un conto è riportare le loro dichiarazioni, un altro svolgere approfondimenti tali da presupporre l’esistenza si liste di proscrizioni che non esistono».

Una conferenza stampa dai ritmi televisivi. Poco più di mezz’ora in tutto. Il primo quotidiano a rompere il ghiaccio è il Fatto quotidiano, che ha chiesto se i nominativi pubblicati dal Corriere sono oggetto di attività di intelligence e per quale motivo. E se il tavolo sulla «disinformazione nel conflitto russoucraino» subirà delle modifiche. Gabrielli ha ammesso che la vicenda della fuga di notizie impone «una riflessione sulla utilità» di questo tavolo interministeriale e di agenzie di intelligence.

Ma è il Corriere della Sera (con Monica Guerzoni) che getta benzina sul fuoco, lasciando intendere che «nel nome della libertà di opinione, si rischia di lasciar correre una offensiva di propaganda pilotata per organizzare anche un condizionamento del dibattito pubblico anche a livello parlamentare».

In sintonia con il Corriere, anche Sky Tg24 chiede se la disinformazione non abbia determinato il cambiamento di opinione sulla guerra russoucraina.

Risponde il sottosegretario Gabrielli: «Ci troviamo in un campo estremamente delicato. Le opinioni, per quanto possano essere non consone ai propri pensieri, devono essere sempre rispettate. Altro sono le fake news».

Il sottoscritto ha chiesto al sottosegretario se aveva delle ipotesi su chi fossero i “diffamatori” del governo e dell’intelligence. E, per nulla rassicurato dalle sue dichiarazioni, prendendo spunto dal bollettino, ho ribadito che in discussione era e resta la libertà di pensiero.

La mia domanda teneva conto di un passaggio del bollettino che riassumo per i lettori: «Le narrative diffuse sui canali online dalla propaganda russa hanno continuato a riguardare la presenza occidentale in Ucraina. In tale quattro, sono state registrate le seguenti narrative inedite: Le critiche all’operato del presidente Draghi (…), descritto come allineato alle decisioni americane e disinteressato delle sorti del suo popolo».

Franco Gabrielli ha risposto sostenendo che io ho letto un documento diverso dal suo. «Avevo fatto una precisazione nei giorni scorsi che in pochi hanno riportato. Non esiste nessuna lista di proscrizione o dossieraggio, ma invece è continuata la campagna» denigratoria. Il sottosegretario ha parlato di «fugaci» citazioni di due persone in un documento di sette pagine, «che attengono a vicende che non hanno nulla a che vedere con l’espressione di opinioni».