Il pasticciaccio di via Solferino. Draghi risponda

di Guido Ruotolo

Il presidente del Consiglio Mario Draghi deve rompere il suo abituale silenzio e rassicurare l’opinione pubblica, individuando i colpevoli di una fuga di notizie inaccettabile. Il dossier sulla “rete di filoputiniani” pubblicato lunedì scorso dal Corriere della Sera è un abuso di potere e una aggressione alla libertà di pensiero. Oggi (mercoledì 8 giugno) il quotidiano di via Solferino conferma che al Copasir, Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, è arrivato «un report nel quale ci sono i nomi di chi avrebbe alimentato la disinformazione e la propaganda, oltre agli episodi di manipolazione dei fatti nei momenti chiave del conflitto».

Ma quel report contiene o no i nomi pubblicati (compreso quello di un parlamentare della Repubblica) che farebbero parte della cosiddetta “rete filorussa”? Questo ce lo potrebbe già chiarire il presidente del Copasir Adolfo Urso, con un sì o un no. Se non ci sono nel report chi li ha dati alla giornalista del Corriere? Oppure si trattava di una bufala, perché non sono mai stati scritti su un rapporto dei servizi? Perché si potrebbe pensare che a fornire quelle notizie al Corriere della Sera siano state fonti governative, e che lo abbiano fatto per fini politici per delegittimare chi critica le scelte sulla guerra in Ucraina.

Noi riteniamo del tutto legittima un’attività di monitoraggio della nostra intelligence per difendersi da iniziative di propaganda e disinformazione di Paesi stranieri. Soprattutto se venissero provati finanziamenti occulti. Ma tutto questo non risulta da quanto pubblicato dal Corriere della sera. Quindi chi ha fornito la lista dei nomi? I servizi, il Copasir o il governo? Draghi deve dircelo o dire che il Corriere della sera si è inventato tutto. L’ingerenza di un governo nella libertà di espressione è assolutamente proibita dalla Carta europea dei diritti.

In gioco c’è la libertà di pensiero. E chi dice di combattere per la democrazia non può macchiarsi con una colpa così grave.