Quando Di Maio disse: “Basta armi!”

Di Maio e Pil

di Giunio Panarelli

Da Pomigliano D’Arco al Golfo Persico. Dopo due anni alla Farnesina un nuovo viaggio sembra attendere Luigi Di Maio. L’Italia lo ha infatti candidato come inviato speciale europeo nel Golfo Persico. A dirla tutta si tratta di un’indicazione data dal governo precedente presieduto da Mario Draghi che avrebbe così deciso di premiare la fedeltà del suo ex ministro degli Esteri. La decisione ha causato non pochi mal di pancia alla nuova maggioranza di centrodestra tanto che Antonio Tajani, successore di Di Maio alla Farnesina, si è affrettato a dire: “Questa nomina non è governativa”.

Il punto però è un altro. Il Golfo Persico non è certo un’area di poco conto. Come ha ricordato recentemente la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, “la sicurezza del Golfo è importante per l’Europa”. Specie in periodi di crisi energetica e tensioni internazionali. Al netto delle scontate battute sull’ennesimo trionfo del “bibitaro”, il tema che verrebbe da porsi è che tipo di profilo ha Di Maio per proporsi come figura centrale nei rapporti tra Ue e Golfo Persico? In realtà nel suo passato da ministro degli Esteri c’è una storia di pesanti tensioni proprio con uno dei Paesi chiave di quest’area: gli Emirati Arabi Uniti.

Siamo nel gennaio del 2021. Dopo le nuove rivelazioni della Cia sul ruolo del principe saudita Mohamed Bin Salman nell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, il presidente americano Joe Biden decide di sospendere temporaneamente le forniture d’armi all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, impegnati da anni nella guerra in Yemen.

Come spesso accade, l’Italia segue l’esempio statunitense. Certo ci sono anche motivi di politica interna: all’allora premier Giuseppe Conte non sembra vero poter colpire due dei Paesi più cari al suo nemico Matteo Renzi che sta per fargli cadere il governo. Luigi Di Maio è già ministro degli Esteri ed esegue zelante. L’ordine è: “Basta armi”. La reazione non si fa attendere. Entrambi gli Stati tagliano le commesse alle aziende italiane. A febbraio cambia il governo. A Palazzo Chigi arriva Mario Draghi. Ma alla Farnesina il capo resta Di Maio che conferma la linea dura sulle armi a Emirati e Arabia Saudita. Il boicottaggio dei prodotti italiani però inizia a gravare sulle casse delle aziende nazionali. In particolare su quelle del colosso della difesa Leonardo che avrebbe dovuto chiudere importanti commesse per gli elicotteri. Così  in aprile Di Maio vola negli Emirati per cercare di riappacificarsi con il governo di Abu Dhabi.

La missione sembra dare qualche segnale incoraggiante al capo della Farnesina. E per un mese sul rapporto tra Italia ed Emirati cala il silenzio mediatico. Poi arriva l’8 giugno. Un volo militare italiano parte da Roma diretto a Herat in Afghanistan. A bordo non ci sono solo militari, ma anche decine di giornalisti invitati dal ministero della Difesa a raccontare l’ammainabandiera nella base italiana di Herat. L’aereo dovrebbe fare rifornimento nella base di al-Minhad, negli Emirati.

A pochi chilometri dal confine, Abu Dhabi ritira improvvisamente l’autorizzazione all’aereo a sorvolare il territorio nazionale. La pilota è obbligata a un atterraggio di emergenza in Arabia Saudita. Sull’aereo la rabbia monta. “Chiedete a Di Maio!”, sbotta rabbioso un militare di fronte alle domande dei giornalisti su cosa sia successo. È successo che gli Emirati hanno deciso di fare sul serio. Nei giorni successivi arrivano a minacciare di chiudere la base di al-Minhad. Uno scalo fondamentale per i militari italiani impegnati all’epoca nell’evacuazione della base di Herat in vista del ritorno dei talebani.

L’allora sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè (FI) accusa: “Di Maio nuoce agli interessi italiani”. Mentre la sua collega leghista Stefania Pucciarelli rincara la dose: “Così il nostro export va a picco”. Di Maio si chiude nel silenzio. La copia del David di Michelangelo scoperchiata all’Expo di Abu Dhabi ad aprile è solo un ricordo. Soldi, armi e interessi geopolitici. La pressione inizia a diventare insopportabile. Così a inizio luglio, con una brevissima nota, la Farnesina fa sapere, senza dare spiegazioni, che l’embargo sulle armi agli Emirati è annullato.

Oggi siamo nel 2022 e Di Maio potrebbe tornare ad Abu Dhabi. Sperando che gli emiratini abbiano la stessa memoria corta degli europei.