Mafia, chiesta archiviazione per Faccia da mostro. Pm: “Prove insufficienti per processo”

Mafia FACCIA DA MOSTRO
Mafia FACCIA DA MOSTRO

Mafia. Non è stato sufficiente il riconoscimento di Vincenzo Agostino, il papà di Nino, il poliziotto ucciso con la moglie il 5 agosto 1989, a Villagrazia di Carini. Non sono sufficienti le accuse dei pentiti. La procura di Palermo chiede l’archiviazione per l’ex poliziotto della squadra mobile di Palermo, Giovanni Aiello, accusato di essere “Faccia da mostro”. L’uomo sfregiato in viso, il killer di Stato coinvolto in tanti misteri siciliani. La richiesta di archiviazione per l’omicidio, firmata dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dai pm Roberto Tartaglia, Francesco Del Bene e Nino Di Matteo, arriva perché secondo i magistrati non ci sarebbero elementi sufficienti per fare un processo.

Le indagini proseguono, sul contesto in cui maturò la morte di Nino Agostino, che ufficialmente era solo un poliziotto del commissariato di San Lorenzo. In realtà, hanno scoperto i pm, avrebbe svolto indagini antimafia, anche per la ricerca di grandi latitanti. Per la procura di Palermo c’è la prova che Aiello era in contatto con ambienti mafiosi. Aveva un “contatto qualificato” scrive la procura. Per lui, la richiesta di archiviazione per l’accusa di associazione mafiosa è stata fatta solo per prescrizione.

Scrivono i pm: “In ordine al tema delicatissimo del contesto e del possibile movente che può aver determinato l’omicidio di Nino Agostino, deve sottolinearsi che questo ufficio ha tuttora in corso una complessa e articolata attività di indagine, in corso di svolgimento nell’ambito di un autonomo procedimento, pendente nella fase delle indagini preliminari”.

Mafia, l’intervista a Vincenzo Agostino

Servizio Pubblico, nella puntata del 24 aprile 2014, ha trasmesso l’intervista a Vincenzo Agostino che per primo parlò di Faccia di mostro.”Un uomo col viso deturpato venne a cercare mio figlio qualche giorno prima dell’omicidio, ma quella pista non fu mai seguita. La notte stessa del duplice delitto invece, alcuni poliziotti della Squadra mobile di Palermo perquisirono da cima a fondo la casa di Nino. Frugando minuziosamente tra le sue carte e portando via una serie di documenti tra cui un memoriale scritto di suo pugno”. A indagare sul duplice omicidio il capo della Squadra mobile di allora, Arnaldo La Barbera, chiamò da Pescara il funzionario Guido Paolilli, amico di famiglia degli Agostino. E Paolilli imboccò subito la via del delitto passionale. Il più classico dei depistaggi.

Ma perché fu ucciso Nino Agostino? Cosa aveva scoperto? Secondo il pentito Vito Lo Forte il delitto fu “un favore fatto a importanti funzionari di Polizia”.