Torre Maura, proteste contro i rom. I residenti: “Non siamo noi i razzisti, ma i governanti che ce li scaricano qui”

Torre Maura contro i rom. 10 km dal Campidoglio, raccordo anulare a vista, l’edilizia popolare disegna lo skyline. A meno di tre giorni dall’oltraggio del pane, calpestato in strada perché non arrivasse alle bocca dei rom che dovevano essere accolti nel centro di accoglienza, in quest’angolo remoto di Roma ripensamenti non ce ne sono, figuriamoci le scuse. “Noi gli zingari qui non li vogliamo. Sporcano, insegnano ai bambini a rubare”. E poco importa che delle 77 persone finite qui, la maggior parte siano donne e bambini. “Fanno figli in continuazione, perché non prendono la pillola?”.

Al mercato del venerdì di gente in giro ce n’è poca. “Gli anziani si sono chiusi in casa, hanno paura della manifestazione che ci sarà”. Quella promossa da Casapound che da una settimana soffia sul fuoco della protesta. “Per noi non hanno mai fatto nulla, si sono visti quel giorno e poi niente più”, racconta una signora che da 40 anni vive nel quartiere. Mamma e papà votavano comunista, lei oggi sceglie Salvini. “Non ce l’abbiamo con i rom, ma qui ci sono italiani che dormono in macchina. Se qualcosa da dare c’è, spetta a loro. Se avanza si può pensare anche agli altri”, dice, mentre ci mostra il soffitto che sta per venir giù. Siamo in un alloggio popolare di cui il Comune pare essersi dimenticato da anni. Ci indica il balcone di fronte casa sua: a ottobre è volato via il parapetto, ad aprile è ancora così, senza ringhiera. Se il diavolo decidesse di metterci lo zampino, la tragedia sarebbe assicurata. “I ragazzi che ci vivono non hanno i soldi per ripararlo, e  il Comune chi lo vede?”.

Questa è Torre Maura. Filari di case popolari abituate allo struscio dei politici solo in campagna elettorale. Poi niente più. Trasferire  i rom da Tor Sapienza a questo lembo di città dove ci si arrangia come si può è stato come sganciare una bomba sociale su un tessuto già segnato. “I Cinque Stelle, e dove sono finiti? L’errore più grande è stato votarli, me compreso”, dice un signore che insieme a un gruppo di cittadini  guarda a vista il centro di accoglienza di via Codirossoni sorvegliato dalla polizia. Rassegnazione e indignazione, razzìsmo no dicono. “Noi siamo sempre andati d’accordo con gli immigrati, gli africani non ci hanno mai dato fastidio. Ci aiutano a fare la spesa, danno lezioni di inglese ai nostri figli. Ma i rom sono un’altra cosa. Ci sarà un motivo se non hanno mai trovato un posto in cui stare. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Se li portino in Vaticano, al Campidoglio, in centro. I razzisti non siamo noi, ma i governanti che ce li scaricano qui“.