La maggioranza degli europei è contraria al riarmo

di Gianni Dragoni

I paesi della Nato, che si sono incontrati a Madrid per il varo del nuovo “Concetto strategico” con l’obiettivo di rafforzare le difese contro la Russia, sono pronti ad aumentare da 40.000 a più di 300.000 soldati le forze di pronto intervento in Europa, a inviare ulteriori armi all’Ucraina e confermano di voler alzare al 2% del Pil le spese militari. Ma questa politica, stando a un recente sondaggio condotto in dieci paesi europei da un centro studi di Bruxelles, “rivela uno scollamento sempre più marcato tra le posizioni assunte da molti governi europei e il sentimento dell’opinione pubblica”.

La maggioranza degli europei, tra cui italiani e francesi, è contraria all’aumento delle spese militari e vuole che la guerra finisca il più presto possibile, anche a costo di concessioni dell’Ucraina alla Russia. Questo dice il sondaggio condotto dallo European council on foreign relations (Ecfr), “il primo think-tank continentale” lo definisce Il Sole 24 Ore.

Tra la fine di aprile e la metà di maggio, attraverso Datapraxis e Yougov, sono state intervistati 8.172 residenti in dieci paesi: Polonia e Romania in Europa centrale e quindi in prima linea, per tradizione scettici nei confronti della Russia; Francia, Germania e Italia, grandi Stati in passato definiti “Russlandverstehers”, ossia “paesi che comprendono la Russia”; Portogallo e Spagna, in passato meno coinvolti nella politica di Mosca; Finlandia e Svezia, che hanno presentato richiesta di adesione alla Nato; inoltre Gran Bretagna.

L’attendibilità dell’Ecfr è dimostrata anche da un sondaggio pubblicato il 9 febbraio scorso, con le seguenti conclusioni: “La maggioranza in Europa ritiene che nel 2022 la Russia invaderà l’Ucraina, e che al concretizzarsi di tale scenario l’Ue e la Nato dovrebbero sostenere Kiev”. Ciò che, purtroppo, è puntualmente accaduto dopo due settimane.

“Pace contro giustizia”. Se la solidarietà all’Ucraina è fuori discussione, il sondaggio evidenzia una spaccatura tra due schieramenti. Da una parte coloro che vorrebbero mettere fine alla guerra il più rapidamente possibile (il 35% del totale), è il campo detto dei “pacifisti”. Dall’altra quanti vorrebbero che si continuasse la guerra fino alla sconfitta della Russia (il 22%), è il campo detto della “giustizia”, perché la sconfitta di Putin viene ritenuta la punizione per aver invaso l’Ucraina e l’unico modo per portare la pace. C’è un’elevata quota di indecisi, il 20%, il “resto” è il 23 per cento.

Italia e Germania prime per pacifisti. Dei sette paesi in cui c’è una netta maggioranza di “pacifisti”, l’Italia ha la percentuale più alta, il 52% degli interpellati vuole la pace al più presto, contro il 16% che preferisce si combatta fino alla sconfitta della Russia. Gli italiani indecisi sono l’8 per cento. La Germania è il secondo paese per numero di pacifisti (49% contro 19%, indecisi 14%). Seguono Romania (42% contro 23%), Francia (41% contro 20%), Svezia (38% contro 22%). Nitida la prevalenza dei pacifisti anche in Spagna e Portogallo.

In Finlandia e Gran Bretagna c’è equilibrio, con i “pacifisti” in vantaggio di un solo punto e molti indecisi: in Finlandia 26% pacifisti contro 25%, in Gran Bretagna 22% contro 21 per cento. Solo in Polonia è più numeroso il gruppo di chi vuole continuare la guerra fino alla sconfitta della Russia (41% contro 15% pacifisti, 25% indecisi).

Inflazione ed energia. Nelle conclusioni l’Ecfr osserva che gli europei in maggio hanno cominciato a preoccuparsi per il costo delle sanzioni economiche e la minaccia di un’escalation nucleare, “molto più consapevoli delle conseguenze economiche e sociali di una guerra di logoramento a livello mondiale: aumento dell’inflazione, crisi energetica e alimentare”.

La spesa per le armi. Un altro dato significativo è che la maggioranza degli elettori europei _ in sei dei dieci paesi interpellati _ è contraria all’aumento delle spese militari. Anche qui l’Italia è il paese con il maggior numero di colombe, 63% di contrari contro il 14% di favorevoli. Seguono Portogallo (45% contro 21%), Spagna (51% contro 23%), Gran Bretagna (36% contro 25%), Francia (39% contro 31%) e Romania (36% contro 31%). I governi dei paesi Nato però vanno nella direzione opposta. L’intenzione del governo Draghi è di alzare le spese militari dall’1,5% al 2% del Pil entro il 2027, questo comporterebbe una maggior spesa tra i 10 e i 12 miliardi di euro all’anno. Dovrà essere il Parlamento a pronunciarsi.

C’è una maggioranza a favore dell’aumento delle spese militari nei quattro paesi più vicini alla Russia. La Polonia si conferma il paese con il maggior numero di “falchi” (52% a favore di maggiori spese, 21% contrari), quindi Svezia (50% contro 20%), Germania (41% contro 32%) e Finlandia (36% contro 26%).

Il centro studi di Bruxelles sottolinea alcune significative differenze tra Italia e Germania. Ad esempio, anche se la maggior parte degli intervistati incolpa principalmente la Russia per la guerra (in Germania il 66%, in Italia il 56%, la percentuale più bassa tra i dieci paesi), le opinioni divergono rispetto a chi rappresenti il maggiore ostacolo alla pace. Il 63% dei tedeschi indica la Russia, rispetto al 39% degli italiani. L’Italia è il paese con il maggior numero di intervistati convinti che gli Stati Uniti siano i principali responsabili (20%) e rappresentino il maggiore ostacolo alla pace (28%), mentre in Germania il numero di intervistati con queste convinzioni è inferiore (rispettivamente 11% e 9%).

I tedeschi sono favorevoli (52%, rispetto al 33% di contrari) a inviare ulteriori armi all’Ucraina, mentre l’Italia è l’unica in cui la maggioranza è contraria (45% rispetto al 33% di favorevoli).

Secondo l’Ecfr “il conflitto in Ucraina rischia così di diventare la principale linea di demarcazione in Europa e se i leader politici non sapranno gestire con grande attenzione questa divergenza di vedute, essa potrebbe segnare la fine della notevole unità mostrata fino ad ora dall’Europa. Con un impatto sulla tenuta delle democrazie”.

A noi sembra che, pur con i limiti delle indagini demoscopiche, i risultati di questo sondaggio offrano elementi importanti di confronto e di dibattito tra le forze politiche e sociali. Peccato però che sia stato ignorato da quasi tutti i mezzi di informazione. Ne abbiamo trovato una breve citazione solo all’interno di un articolo del Sole 24 Ore. Non ne hanno parlato neppure i telegiornali della Rai. Il servizio pubblico si è ancora una volta disinteressato dal dare informazioni che non convalidano la linea del governo.

Segnaliamo le conclusioni al premier Draghi, che nei prossimi giorni con il ministro della Difesa Guerini dovrebbe firmare un nuovo decreto per l’invio di armi in Ucraina, il quarto. E’ previsto l’invio di mezzi blindati, cannoni pesanti in grado di colpire a 30 km, cingolati lanciamissili con gittata fino a 80 km